Il futuro della moda è l’usato? (Livello 4)

 

Il futuro della moda è l’usato?

Si comprano sempre più abiti di seconda mano, e ora anche i marchi di lusso stanno cercando di fare affari in quel mercato

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In Italia, fino a una decina di anni fa, gli abiti di seconda mano erano acquistati da persone che non avevano molte possibilità economiche, oppure rivenduti in boutique di nicchia. "Prima c’era lo stigma di comprare e di vendere usato; nelle grandi città c’erano dei negozi ma era una cosa da artisti e bohémien oppure per chi cercava soluzioni a basso prezzo per necessità", spiega Giorgia Dell’Orto, una dei tre proprietari di Ambroeus, un negozio vintage aperto a Milano nel 2015. "Adesso le cose sono cambiate, tanti nella fascia 20-40 anni si stanno rivolgendo al mondo dell’usato e del vintage: anni fa le persone sui 40 erano sul chi va là e quando entravano in negozio dicevano “oddio sono cose usate”, ma adesso no. Poi quest’anno con il lockdown c’è stato un cambiamento ancora diverso: molti stando a casa si sono resi conto delle cose che non usano e hanno deciso di liberarsene".

Le ragioni di questo successo sono molte e si sono sovrapposte tra loro. La prima è certamente economica, anche se in modo diverso rispetto a qualche anno fa: non si cercano più abiti a buon mercato ma di ottima qualità o di marchi di lusso che, nuovi, sarebbero troppo costosi. 

Comprare usato consente quindi di pescare qualcosa di personale e originale, lo fa chi ricerca un capo prezioso e chi desidera uno stile che non ricalchi quello di tutti. Questo meccanismo è stato accelerato anche dall’arrivo dei social network e in particolare di Instagram. Hilary Bella Walker, proprietaria dei tre negozi di Bivio, il punto di riferimento nel second-hand a Milano, dice che «Instagram promuove l’idea dello stile personale e individuale, invita a osare e a mischiare le cose. Non c’è più solo la rivista di moda che ti presenta le ultime collezioni, vedi un sacco di persone che si vestono in modi diversi: questo stile personale lo ottieni prendendo pezzi che nessun altro ha, e questo lo fai in un negozio di seconda mano».

Conta tanto anche l’attenzione crescente verso le problematiche ambientali: produrre continuamente nuovi capi a buon mercato inquina e comporta un enorme spreco di risorse, mentre riutilizzare un capo che è già sul mercato è la soluzione più etica e sostenibile. Questa sensibilità è molto diffusa tra i compratori più giovani.

Oltre che nei nuovi negozi fisici, i clienti italiani si sono abituati a comprare usato anche online. Il negozio più famoso è probabilmente Depop: fondato nel 2011, è un social network simile a Instagram. Consente di aprire un negozio virtuale dove caricare le immagini dei singoli vestiti; le transazioni sono fatte dai privati e Depop ricava il 10 per cento da ogni vendita portata a termine dagli iscritti. Dentro c’è di tutto: magliette a 10 euro e borse da 150, anche se la fascia di prezzo generalmente non è molto alta. Chi vende si fa carico di tutto, dalla scelta del prezzo alla spedizione dell’articolo perché Depop è solo una piattaforma su cui appoggiarsi. È utilizzato sia da chi vuole avviare un negozio di seconda mano online, sia da chi vuole semplicemente disfarsi di qualche capo che non usa più. 

Viste le prospettive, sempre più aziende e marchi di lusso stanno cercando di entrare in questo mercato, considerato anche che finora non hanno tratto vantaggi dalla vendita nei negozietti e nei grandi rivenditori dei loro abiti e accessori. Certamente la pandemia ha contribuito a spingerli in questo mercato: il mondo del lusso è in cerca di nuovi canali e nuovi clienti. 

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